PREMESSA
La prima la scrissi per una signorinetta di 14 anni, che indossava calzini corti e rigorosamente bianchi (1) e che, in quegli anni, frequentava il mio stesso liceo.
Certamente il recanatese, che in quel periodo stavamo studiando, mi ha in qualche modo indotto a prendere carta e penna: entrambi, ahinoi, ci eravamo invaghiti, seppur in tempi e luoghi assai diversi, di una “Silvia” dai benedetti << occhi ridenti e fuggitivi >>.
Il nostro poetico pugnar è stato differente ma, al di là di qualità intrinseche indiscutibili del recanatese questi poteva anche godere dal suo studio di un affaccio su un colle, una siepe ed un orizzonte che poca cosa non erano, al fine di un raccattar l’ispirazione e, in rima, esplicitar l’afflato poetico.
Io, pur abitando nella precollina torinese, potevo solo udire, quasi quotidianamente, lo stridio di una frenata, seguito dal cupo rumore delle lamiere che si modificano reciprocamente, accoppiandosi. Affacciato alla finestra, non potevo che osservare l’ennesima motocicletta accartocciata e abbandonata sull’asfalto che perimetrava la brulla rotonda stradale, che era prossima all’abitazione dei miei genitori nella quale vivevo.
La poesia, pubblicata sul periodico del liceo, ha lasciato quasi attoniti quei generosamente morbidi 99 kg, per 170 cm di altezza, che materializzavano la mia professoressa di filosofia (2), la quale non ipotizzava che un sedicenne, assolutamente acerbo nel filosofeggiare e, soprattutto, scipito nello scrivere (3), potesse esprimere in un qualche modo il suo sentire.
Il problema reale è, secondo me, che non poteva credere che fosse possibile che un sedicenne, secondo Lei certamente asprigno, potesse avere un qualsivoglia tipo di “sentire”.
Ma questa è un’altra storia.
Sotto la denominazione “Lyric” sono riportati i testi delle canzoni che si possono trovare nell’apposita cartella. Alcuni testi di canzoni, per vezzo dell’epoca, a suo tempo, sono state da me tradotte in lingua inglese.
Gli altri testi sono suddivisi per macro tematiche [Covid 19, Donald T. (ndr: Donald Trump) Politica, ecc. ecc.] e per data di stesura.
(1) In quell’epoca storica, anno del Signore 1965, le quattordicenni non indossavano le calze di seta, non si truccavano alla Marilyn Mason e, soprattutto, non si riempivano di piercing.
Al più indossavano due orecchini ma, rigorosamente, un orecchino all’orecchio sinistro ed un orecchino all’orecchio destro.
Mai, dico mai, due orecchini ad un solo orecchio.
Figuriamoci poi la “pazza idea” di inserirli nelle narici o, peggio ancora, nel sotto-setto.
A dir la verità non ho ancora capito come fanno coloro che si addobbano con piercing al naso, alla lingua, alle labbra, al capezzolo, all’ombellico, ai genitali a praticare l’igiene personale, senza ogni volta strapparsi lembi di carne. Bah!
(2) Soprannominata affettuosamente dalla pluralità dei suoi sciamannati studenti: “la Foca”. Quando si avvicinava alla cattedra, salita sulla pedana e sistematasi sulla sedia, era solita appoggiare la sua settima di seno sul piano della cattedra con un leggiadro movimento ondulatorio del tutto simile ad un tremolio. Più correttamente, del tutto identico a quel tremolio che scuote il corpo delle foche quando, guizzando dal mare con un agile colpo di reni, atterrano sulla banchisa, per godersi il sole del circolo polare e senza avere il timore, che una orca si stia avvicinando.
(3) L’analisi logica e grammaticale l’ho imparata e acquisita alle elementari.
Al liceo i temi di italiano erano, invece, la mia maledizione biblica. Leggere la traccia di un tema e istantaneamente provare la sensazione di essere stato risucchiato in un buco nero, era una questione di nanosecondi.
Successivamente frequentare il Politecnico di Torino non mi ha certo aiutato a porre, almeno una toppa, a questa carenza formativa.
Cinque anni di conti e di disegni. E mai, dico mai, ci è stata richiesto di comporre un rigo, solo, ramingo, stitico e striminzito rigo di testo scritto.
Scusate, dimenticavo la tesi di laurea! Ah beh! Si, beh!
Nella professione analizzare e studiare Leggi, Decreti, DPR, DPCM, Circolari e quant’altro, e decodificarne i contenuti, mi ha ampiamente esercitato e preparato ad un uso attento e preciso delle parole. Di aiuto, anzi di grande aiuto, è stato scrivere relazioni per i clienti e, soprattutto, perizie per i Tribunali. In quel caso il testo veniva “esaminato” al minimo da tre persone: due avvocati e un magistrato.
Figure queste, totalmente prive di cognizioni di natura tecnica, per le quali si doveva tradurre in termini elementari, intellegibili e non equivocabili i contenuti che dovevano essere trasmessi loro. Contenuti che dovevano dagli stessi essere capiti in assenza totale di un benché minimo, e nemmeno accennato, sforzo intellettuale.
Ho imparato così a scrivere relazioni, che avrebbero potuto essere capite anche da un bambino delle elementari. I problemi reali, in verità in verità lo dico, erano due:
Il lavoro professionale, ad ogni buon conto, mi ha molto aiutato nell’imparare a comporre testi in lingua italiana. Potrei azzardare di ipotizzare di essere stato in grado di scrivere un testo senza assai sfigurare o vieppiù sfigurare, solo dopo che sono decorsi “i miei primi 40 anni” (ndr: citazione pseudoculturale e modaiola).
Lo sfigurare, invece, si presenta sistematicamente ad una moltitudine di politici, come quando “congiuntivano, se parlerebbero a ruota libera” (4).
Il vero problema è che per sfigurare, devi avere una “figura” e qui si potrebbe aprire non un’altra storia, ma una vera e propria enciclopedia di storia.
(4) Adoro le licenze poetiche, al punto che ne abuso assai più dell’alcool denaturato (5).
(5) Adoro, ovviamente, anche le parabole, le iperboli, i voli pindarici, le metafore, le figure retoriche, il surrealismo, l’irreale, l’immaginario e tutte le possibili soluzioni, evoluzioni e involuzioni del lessico (6).
(6) E’ il solo modo di essere realmente liberi di esprimerci, nel parlare e nello scrivere che ci è rimasto, ovvero che ci rimarrà, quando saremo tutti connessi 5G e controllati da telecamere disseminate, in ogni dove nell’ambiente, quasi fossero particelle di PM10.
Negli anni ‘60-‘70 si diceva che quanto accadeva negli Stati Uniti dopo un decennio
si sarebbe riproposto in Italia.
Quanto sta accadendo in Cina, invece, sembra non interessare nessuno.
Il controllo facciale, associato a quello dei social (ovviamente non dichiarato), con il corredo dell’emanazione di leggi ad hoc, ha di fatto precluso la libertà di parola dei cinesi che vivono in Cina, a Taiwan e ad Hong Kong.
Ma tutti, a tutti i livelli, in pratica, ne tacciono.
Dei cinesi che hanno colonizzato il mondo nessuno ne parla perché, almeno in Italia certamente non muoiono mai e, altrettanto certamente, non chiedono finanziamenti alle banche.
Gli emigranti italiani partivano con le valigie di cartone, gli immigrati cinesi invece comprano immobili e pagano sempre in contanti. Lo Stato italiano si preoccupa di evitare l’evasione fiscale, ponendo al contante il limite di 1000 euro, ma è totalmente dimentico ad es. che la Guardia di Finanza incomincia ad indagare sui 200 Mln di euro inviati da Padova alle Banche cinesi (l’Espresso – Repubblica – 12/10/2021)!
Nell’anno 1967 Marco Bellocchio ci informava che “La Cina è vicina”.
Negli anni ’80 – ’90 l’imprenditoria nostrana, e non solo, ha fatto la bella pensata di andare in Cina a fare affari [ ndr: a………… (arraf)fare più utili].
Dopo un decennio il risultato è stato che il know how occidentale è stato acquisito senza alcuno sforzo, e a costo zero, dai cinesi e che gli stessi si sono emancipati dai colonizzatori occidentali, avendo fatto sottoscrivere loro contratti “capestro” che, per il fumus di un maggior lucro, sono stati accettati dagli “sciagurati” (ndr: di manzoniana memoria) senza alcuna perplessità.
Un imprenditore italiano che vendeva al proprio cliente prioritario il suo prodotto a 100 euro, ovvero praticamente al prezzo di costo, in Cina lo poteva comprare assolutamente identico in tutti, comprese le viti (ndr: così mi raccontava l’interessato), a 30 euro.
Dove noi avevamo fabbriche due fabbriche con 100 – 150 addetti, loro ne aprivano cinque da 5000 – 8000 addetti cadauna. Con regole contrattuali, di tutela della salute e sicurezza del lavoro, di tutela dell’ambiente e di stipendi che non sono confrontabili ai ns. Non è necessario essere un economista di statura internazionale, per prevedere a quale fine siamo destinati, se continueremo a comprare prodotti “made in Cina” che, più furbescamente, oggi sono diventati “Made in PRC”.
(7) Anni or sono, nelle epoche storiche, in una causa dibattuta presso il Tribunale di Ciriè, in una memoria presentata al Pretore l’avvocato di una delle parti mi ha accusato, affermando che << il CTU, ing. Camarota, si è intrattenuto in intimo colloquio con la parte >>.
Durante l’udienza il Pretore mi ha informato di quanto sostenuto dal legale, al che ho chiarito che:
Nell’udienza successiva il Magistrato rivolgendosi al legale ha detto: << Sono contento che abbiate raggiunto un accordo. Ho letto quanto ha scritto l’ing. Camarota e avevo assunto, di conseguenza, le mie decisioni >>.
Salutato il Pretore, i presenti all’udienza si preparavano ad allontanarsi dall’aula.
L’avvocato si è avvicinato a me ed ha detto: << Ingegnere, Le chiedo scusa >>
La risposta è stata: << Le scuse sono accettate e, d’altra parte, avvocato, ognuno combatte con le armi che ha. Buona giornata avvocato. >>
Il Pretore ha udito i contenuti del colloquio e, mentre lo salutavo con un cenno del capo, mi ha regalato un sorriso compiaciuto assai.
(8) In anni più recenti, in un procedimento in ambito civile, l’avvocato del convenuto ha comunicato al Giudice che il proprietario del ristorante di cui era il legale, lo aveva informato che un suo dipendente aveva visto il CTU, ing. Camarota, in data 27/5/XXXX salire nell’alloggio di parte attrice. Durante l’udienza fissata d’urgenza dal Giudice, il CTU ha esibito la fattura di un albergo di Ischia che dimostrava che, dalla data del 23/5/XXXX alla data del 30/5/XXXX, l’ing. Camarota era stato in vacanza nella amena isola campana con la moglie e tre amiche della consorte.
Una volta accertati i fatti, alla irritata contestazione del Giudice, il ristoratore ha esclamato: << evidentemente abbiamo sbagliato la data >>. Il Magistrato ha ribattuto, << Se lei mi avesse accusato di essermi accompagnato con un bambino in un certo giorno, io non sarei mai riuscito a produrre una fattura come ha fatto l’ing. Camarota. >>
L’essere, ristoratore di mestiere, ha perso la causa, la sentenza è passata in giudicato, ma dopo più di 10 anni il figuro ancora non aveva realizzato nessuno dei venticinque di lavori di adeguamento, che avrebbe dovuto eseguire in forza della sentenza che lo aveva condannato.
Parte attrice non ha potuto nemmeno effettuare i lavori ai quali era stato condannato il ristoratore, anticipandone i costi (ndr: così ha stabilito il legislatore!), in quanto i lavori dovevano essere necessariamente eseguiti all’interno del ristorante.
Il CTU non ha potuto perseguire penalmente il ristoratore, perché questi si era “limitato a riferire” al Magistrato, quanto gli era stato detto da un dipendente.
Ecco un piccolo esempio del funzionamento della (in)giustizia italiana.
Ancora oggi continuo a ringraziare chi di dovere che, dall’alto dei cieli, ha suggerito a quel delinquente, mascherato da ristoratore, una data a me utile; senza quella fattura la mia vita professionale e personale sarebbe stata infangata e distrutta gratuitamente da un essere pavido, ignobile, viscido, privo di dignità, malvagio e, per di più, totalmente vigliacco. Quale egli fu, quale egli era e come, certamente, continua ad essere e come sarà, finchè << morte lo colga>> (ndr: libera elaborazione della più celebre interiezione “peste lo colga”, declamata da Amedeo Nazzari nella Cena delle beffe).
Il sito antoniocamarota.it è di proprietà di Antonio Camarota
camarotaantonio@gmail.com
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