Professore

Era un mio grande desiderio insegnare nell’università ma, nel periodo in cui ho frequentato il Politecnico come docente, il “sistema” di selezione dei giovani e della gavetta che l’università prevedeva per questa cosiddetta truppaglia, non si confaceva al mio modo di essere.
Al tutto si doveva poi aggiungere un precariato economico che ritenevo iniquo e vessatorio e, soprattutto, propedeutico per creare i presupposti psicologici perché il modus operandi del barone di turno si reiterasse nel tempo.
Oggi, a distanza di lustri, non è cambiato nulla.
E poi, con somma ipocrisia, tutti si lamentano che le ns. migliori e giovani menti emigrano all’estero: l’Italia investe e spende nella loro formazione e gli altri stati si ritrovano le menti migliori…… “a gratis” (ndr: tipica espressione indigena).
Molto mi è spiaciuto, poiché mi piaceva insegnare, amavo studiare, e, soprattutto, avevo (ndr: e continuo ad avere) una profonda sete di conoscenza da soddisfare.
In ogni caso con un numero nutrito di ex studenti continuo ad essere in contatto.
Potrebbe essere, forse, un segno, che ho lasciato in loro un qualche buon ricordo e, peraltro, alcuni di loro hanno avuto anche la gentilezza di riconoscermi, dandomene comunicazione.

(1) Da ragazzo ho pensato solo a studiare e avrei dovuto laurearmi a 23 anni (2) con una doppia tesi in acustica e composizione architettonica. Il Relatore al quale dovevo fare riferimento per la parte di composizione architettonica era un docente le cui (presunte) competenze valuterete autonomamente nel prosieguo del racconto. La progettazione riguardava un complesso edilizio che comprendeva studi di registrazione per musica e per il il parlato, gli uffici e il reparto di produzione per lo stampaggio dei dischi in vinile.
Allora si disegnava a china su fogli di carta lucida. Tirare le linee prima a matita e poi ripassarle a china con spessori differenti e con la goccia di inchiostro sempre pronta a scivolare dal pennino era faticoso e stressante.
Per cancellare, non era sufficiente selezionare la parte da cancellare e fare un click così come oggi si procede utilizzando il mouse, ma servivano lamette per la barba, gomme da china, gomme da matita, gestualità flessibile e tanta, tanta pazienza per non bucare la carta. E ancora necessitava il tempo, tanto tempo per grattare dalla carta la china essiccata.
L’elaborato grafico procedeva necessariamente con lentezza e, di conseguenza, per sopperire in una qualche misura, il lavoro al tecnigrafo durava ore, ore e giorni su giorni. Veramente estenuante.
Nella riunione finale presento l’elaborato grafico che, visto già più volte dal Relatore, era ormai stato trasformato da matita a china e con varie cancellature delle parti a china a causa di ripensamenti e/o di correzioni. Il Direttore d’Istituto, il Barone, osserva l’elaborato grafico e commenta, disegnando sul lucido lo spessore corretto di un pilastro: << Questo dimensionamento è sbagliato >> e con modalità muliebre del tipo ”Mi avete offeso con la Vs. incapacità “ si è allontanato dall’aula con passo felpato e frettoloso.
Intorno al mio tavolo rimaniamo il Relatore, un altro professore del dipartimento, un ricercatore, oggi professore, e chi scrive; nell’aula erano presenti anche gli altri 5 colleghi che, come me, preparavano la tesi. In quella prima sessione di laurea ci saremmo dovuti laureare per primi, in 7 studenti sui trecento iscritti al corso di laurea.
Il relatore : << Vede, Lei deve modificare il progetto >>
Il laureando (ndr: chi scrive): << Va bene. Mi dica cosa è sbagliato >>
Il relatore : << Lei lo deve modificare e basta >>
Il laureando: << Certamente lo modificherò, ma mi dica prima cosa ho sbagliato, dove ho sbagliato e perché ho sbagliato >>
Il relatore : << Lei è cocciuto come un sardo >>
Il laureando: << In verità, professore, sono calabrese e noi siamo ancora più cocciuti dei sardi >>
Il relatore : << Anche il professore C….i M….t (ndr: il Barone, direttore del Dipartimento) Le ha detto che ha sbagliato il dimensionamento del pilastro>>
Il laureando: << Venga, guardi il disegno e osservi le parti cancellate. Il dimensionamento del pilastro, quello che ha corretto il professor C….i M….t è quello che avevo previsto io. Quello sbagliato è, invece, quello che ho modificato secondo le indicazioni che Lei mi ha dato l’altra volta >>.
Il relatore: << Lei mi sta dando del cretino? >>
Il laureando: << Io non l’ho detto, ma l’autorizzo a pensare tutto quello che vuole >>
Raccolto il mio materiale, sono uscito dall’aula e, una volta entrato in macchina ho urlato a squarciagola e a pieni polmoni per due lunghi minuti.
Risultato finale:
i) ho perso la sessione di laurea
ii) ho discusso soltanto la tesi di acustica, perdendo 4 punti per il voto di laurea
iii) mi sono laureato dopo sei mesi
iv) il mio relatore, nel frattempo, ha fatto saltare la tesi anche a due altri colleghi
v) dall’anno successivo (anno 1975) il mio relatore non ha più seguito altre tesi di laurea.

(2) Mio figlio, molto più intelligentemente di me (ndr: ma è solo perché questa è conseguenza dell’evoluzione della specie) si è laureato a 30 anni, acquisendo nel frattempo esperienze di vita che, ad oggi, a me ancora mancano. Con il senno di poi affermo lui ha gestito meglio, ma molto la sua gioventù (anche, grazie, però alla mia benevolenza economica.).